PEP-NET » Luca Raffini (University of Bergamo) https://pep-net.eu The PEP-NET Blog Wed, 30 Oct 2013 09:32:02 +0000 en-US hourly 1 https://wordpress.org/?v=3.8 Pubblicazione degli atti del seminario “E-democracy 2.0 – Istituzioni, cittadini, nuove reti: un lessico possibile”. https://pep-net.eu/blog/2010/04/27/pubblicazione-degli-atti-del-seminario-%e2%80%9ce-democracy-20-%e2%80%93-istituzioni-cittadini-nuove-reti-un-lessico-possibile%e2%80%9d/ https://pep-net.eu/blog/2010/04/27/pubblicazione-degli-atti-del-seminario-%e2%80%9ce-democracy-20-%e2%80%93-istituzioni-cittadini-nuove-reti-un-lessico-possibile%e2%80%9d/#comments Tue, 27 Apr 2010 12:57:46 +0000 https://pep-net.eu/?p=2359 Sono disponibili online gli atti del seminario “E-democracy 2.0 – Istituzioni, cittadini, nuove reti: un lessico possibile” (pdf):

clipboard03Il volume riporta integralmente i lavori del seminario internazionale tenutosi l’8 aprile 2009 a Bologna e organizzato dalla Regione Emilia-Romagna, in collaborazione con l’Università di Bergamo, l’associazione DEPP e il network europeo Pep-net.

Nel corso del seminario, esperti italiani e internazionali, amministratori e practicioners, hanno tracciato un quadro delle esperienze di e-democracy realizzate in Italia e in Europa, evidenziandone limiti e potenzialità e individuando possibili prospettive di sviluppo. La strutturazione del seminario e il coinvolgimento di una pluralità di punti di vista e di competenze, ha consentito di affrontare, in una cornice integrata, le potenzialità democratiche del web 2.0, sia con riferimento alle esperienze di e-democracy istituzionale che alle forme di partecipazione online “dal basso”.

Le presentazioni dei relatori, Sabrina Franceschini, Anna Carola Freschi, Bryan Loader, Sandra Lotti, Wainer Lusoli, Rolf Lührs, Peter Mambrey, Mayo Fuster Morell, Luca Raffini, Laura Sartori, Chiara Sebastiani e il vivace dibattito che ha visto interagire i relatori con i numerosi partecipanti (oltre 160), hanno permesso di confrontare una pluralità di approcci teorici e pratiche. Loader in particolare ha sottolineato sia il carattere ambivalente dell’utilizzo delle nuove tecnologie come strumento di partecipazione e di ‘strong democracy’ oppure come semplice perfezionamento della democrazia neoliberista, sia la relazione fra utilizzo delle nuove tecnologie e processi di de-istitutionalizzazione.

Sebastiani ha evidenziato come le nuove tecnologie contribuiscono a trasformare la sfera pubblica e le pratiche democratiche, mentre Sartori si è soffermata sulla persistenza della questione del digital divide non solo in termini di accesso ma anche in termini di cultura digitale. Si è guardato all’esperienza statunitense, con particolare riferimento alla campagna elettorale di Barak Obama, per riflettere sulle opportunità di empowerment offerte dai nuovi strumenti del web 2.0 (Lusoli).
Sono state presentate e discusse criticamente esperienze di e-democracy istituzionale che possono rappresentare modelli di riferimento, come i progetti realizzati dalla Regione Emilia-Romagna (Franceschini), e si è riflettuto sui possibili strumenti e spazi di scambio di best practices, a partire dall’esperienza della rete pan-europea Pep-Net e dalla diversità degli approcci istituzionali collegati a differenti culture politiche (Lührs). Altri contributi hanno analizzato criticamente alcune esperienze di e-democracy “dal basso”, come le city wikis (Mambrey), i movimenti sui digital commons confrontando esperienze come Wikipedia e World Social Forum (Fuster Morrel) e i progetti realizzati dall’associazione DEPP -

Democrazia Elettronica e Partecipazione Pubblica come caso esemplare di tentativo di rovesciamento della logica verticale della ‘tecnopolitica’ (Raffini).
Infine, Anna Carola Freschi ha ripercorso le tappe che hanno segnato lo sviluppo dell’e-democracy in Italia, riprendendo gli stimoli del dibattito e le questioni irrisolte di una e-democracy che nonostante la varietà e la ricchezza delle esperienze, resta in larga parte “sognata”. Tra le criticità maggiori si sottolinea lo scollamento e la frequente tensione tra forme di (e) democracy istituzionale e processi di (e) participation “dal basso”. Forme di partecipazione individualizzate possano favorire dinamiche di atomizzazione e una frammentazione della partecipazione. La concettualizzazione proposta da Stefano Rodotà nei primi anni ’90 resta da questo punto di vista sempre illuminante nell’evidenziare un’irrisolta ambiguità tra uno scenario di partecipazione continua e uno scenario di tecnopolitica, tra un utilizzo delle nuove tecnologie come strumenti di partecipazione e il loro utilizzo come strumenti di controllo e di manipolazione. Come sottolinea Anna Carola Freschi, “costruire a tavolino la partecipazione, senza tenere conto della domanda di partecipazione che matura nelle città, nei territori, è del tutto vano rispetto all’obiettivo di migliorare la qualità delle nostre democrazie”.

Gli atti del seminario “E-democracy 2.0 – Istituzioni, cittadini, nuove reti: un lessico possibile” rappresentano un importante contributo al dibattito sull’e-democracy in Italia e in Europa, permettendo di fare il punto sullo stato dell’arte dell’e-democracy ai tempi del web 2.0 e di individuare le direzioni future della pratica e della ricerca.
Filo conduttore dei diversi contributi è il tentativo di decostruire le retoriche che accompagnano l’implementazione di processi istituzionali di e-democracy, di sviluppare un’analisi critica del rapporto tra utilizzo delle nuove tecnologie per la partecipazione e trasformazione delle forme e degli attori della politica, di analizzare in una prospettiva integrata le forme di e-democracy istituzionale e le esperienze autonome di partecipazione online, con particolare riferimento all’utilizzo dei social networks. Nei diversi contributi è emerso un generale consenso su un aspetto centrale: l’e-democracy non può essere pensata nei termini di processi isolati e autonomi, ma come una dimensione della partecipazione, interconnessa con le forme di partecipazione offline. È in questa ottica che molti contributi sottolineano il limite intrinseco di una concezione della partecipazione (non solo elettronica) come un distinto ambito di policy, piuttosto che come un orientamento trasversale da adottare nella progettazione e nell’implementazione delle policies.

Il panorama complessivo che emerge è quindi difficilmente semplificabile in slogan stereotipati, e può essere compreso solo a partire da un’analisi critica dei rapporti tra mutamento culturale, mutamento politico e mutamento tecnologico, superando il determinismo tecnologico che ha spesso caratterizzato gli studi sull’e-democracy. Una migliore comprensione delle implicazioni dell’uso dei nuovi media per la democrazia non può che dipendere da una collocazione di questo fenomeno nel contesto più ampio di una riflessione critica sulle trasformazioni che investono la democrazia nella società contemporanea.

Luca Raffini (Università di Bergamo)

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